Spaghetti e P38

Le parole irresponsabili del ministro del Welfare Sacconi, riportate sotto, richiamano il terrorismo degli anni di piombo, l’ omicidio del Commissario Calabresi , 1972,  e dei giuslavoristi Marco D’Antona, 1999, e Marco Biagi, 2002, rinnovando un’ immagine internazionale dell’Italia descritta dalla famosa copertina di Der Spiegel del 1977 (Spaghetti e P 38). Risultato: un po’ di rischio paese in più, che si aggiunge al rischio di default e ci avvicina ancora di più alla bancarotta.

30 ottobre
«Basta creare tensioni sulla riforma del lavoro che può portare a nuove stagioni di attentati. Ho paura ma non per me perché sono protetto. Ho paura per persone che potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro Paese, non si è del tutto estinta».
(fonte: Il Sole 24 Ore – http://24o.it/dpAkK)
 31 ottobre
«Quello che è successo a Roma è sì sintomo di insofferenza giovanile, ma
indica anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano
clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta. I terroristi e i violenti organizzati in Italia, come
dimostrano i decenni tristi che abbiamo vissuto, non sono venuti da
Marte: li abbiamo allevati nelle nostre scuole, nelle nostre università,
nelle nostre case. E con molta tolleranza politica, culturale,
istituzionale. La Germania non ha fatto così. Che cosa
significa ciò? Significa che il terrorismo non nasce da lucide
elaborazioni estremiste prodotte all’interno del quadro politico, ma
nasce dal ventre della società, da pulsioni che diventano irrefrenabili
quando la dialettica politica da strada diventa linea politica. Oggi, in Italia non esiste (ancora..) un movimento eversivo
da cui possano scaturire energie terroristiche paragonabili a quelle
che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni del secolo scorso. La crisi
delle ideologie ha colpito anche le progettualità rivoluzionarie. Quello
che è successo a Roma ci dovrebbe tuttavia far riflettere
sull’esistenza, nel nostro Paese, di spinte ribellistiche di non
sottovalutabile potenzialità eversiva. Le tossine degli anni Settanta
continuano a produrre patologia politica. L’Italia non vive una
condizione di guerra civile. Viviamo, tuttavia, quotidianamente un
dibattito politico e una dialettica da guerra civile».