L’Istat e il Residuo di Solow

Che far ripartire la crescita in Italia sia necessario è oramai una specie di mantra. Che sia facile, per Monti o chiunque altro, è un’altro paio di maniche. Il  Rapporto annuale 2012, che contiene una miniera di dati e spunti interessanti, spiega bene il perché. Nel terzo capitolo viene svolto un esercizio  che gli studenti di Macroeconomia  conoscono bene, la cosiddetta “contabilità della crescita”. La crescita della produttività del lavoro viene decomposta in due principali componenti, quella è spiegata dalla aumento del capitale per addetto, e quella dovuta ad una componente residuale, chiamata “produttività totale dei fattori” ( TFP, aka “residuo di Solow”). Questa parte cattura gli effetti dello sviluppo tecnologico e dell’efficenza organizzativa  con cui vengono “combinati” i fattori produttivi. La TFP è importante anche perché garantisce che il processo di crescita non si arresti.  L’accumulazione del capitale per addetto viene ulteriormente  suddivisa tra quella legata a capitale fisico (legato alle tecnologie di informazione e telecomunicazion ICT, e non) e quella dovuta al capitale “intangibile” (uso di software, spese in Ricerca e Sviluppo e altro). Guardando alla crescita della produttività nel periodo pre-crisi1995-2007, in Italia e in Europa (Figura sopra), si possono fare alcune considerazioni. Come noto, la produttività del lavoro è cresciuta molto meno in Italia (0,44% medio annuo) che in Europa (2,2%). Questo probabilmente è spiegabile anche con il tipo di crescita, dove il capitale fisico (in giallo quello non ICT, in blu quello ICT) spiegano interamente la (misera) crescita italiana, mentre le nuove tecnologie, legate al capitale intangibile (software, in rosso, R&S in verde) contribuiscono per una parte irrilevante (l’ 8%  del misero 0,4% annuo), a differenza di quanto avviene in Europa. Ancora più preoccupante è il fatto che la TFP (in blu) contribuisca in Italia in modo negativo (!) alla crescita della produttività, cosa che accade solo in Spagna, mentre altrove,e soprattutto in Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, UK, contribuisce in maniera positiva e preponderante (il quadro italiano è completato dai dati su i bassi livelli di R&S in rapporto al PIL, di investimento in capitale umano,  di un pattern nella specializzazione internazionale congelata nei settori low-tech e di una sostanziale immobilità sociale). Insomma, far ripartire il paese non sarà compito né facile né breve.