La BCE e Le Province

La notizia riportata dall’ Ansa sul  richiamo della Banca Centrale Europea sull’opportunità che la spending review del Ministro Giarda ponga finalmente mano alla riduzione delle Province, è stata salutata da molti come un utile stimolo all’azione di governo. Nel merito, cancellare le Province è doveroso, anche se si deve aver il coraggio di dire che per ottenere risparmi non irrisori (poche centinaia di milioni) non basterebbe accorparne le competenze ed il personale a Regioni e Comuni: bisognerebbe proprio sopprimerle e licenziarne i dipendenti.

L’esortazione della BCE (di cui però non sono riuscito però a trovare traccia nel sito ) è in realtà un fatto molto grave. Si tratta di una intromissione in materie che esulano sia dal mandato che dalle competenze della Banca Centrale Europea. L’episodio fa seguito alla famosa lettera “segreta” con la quale la BCE dettava al Governo Italiano il proprio piano di politica economica: lungi dal limitarsi ad auspicare misure atte a rafforzare la crescita e la disciplina di bilancio, si scendeva nel dettaglio di come realizzare gli obiettivi (privatizzazione dei servizi pubblici locali, la riforma della contrattazione collettiva,delle pensioni, dell’ articolo 18). Queste scelte, va detto chiaramente, sono di competenza della politica nazionale.

La BCE sta svolgendo un ruolo di supplenza di compiti che spettano alle istituzioni Europee democraticamente elette, il Parlamento e la Commissione, ma che queste non sono in grado di adempiere. Nel caso specifico questa supplenza ha un nome ben noto a chi si occupa di Istituzioni Finanziarie Internazionali : “Micro-management”.   Ci sono voluti più di 20 anni per capire che i programmi di prestiti condizionati del Fondo Monetario funzionano solo se “fatti propri” dai paesi debitori, e che l’approccio di  specificare decine e decine di target e condizioni dettagliate (dove, quanto, come tagliare) sono inefficaci ed inutilmente conflittuali. E’ ora che la BCE apprenda questa lezione. (Linkiesta 1 maggio 2012)