Brexit 4: Brexit e “Project Fear “

Negli ultimi tempi non sono mancate le dichiarazioni di autorevoli esponenti della comunità internazionale che hanno messo in guardia i Britannici dai rischi di una Brexit. In effetti, come discusso in questo mio post, quasi tutti gli studi economici mostrano che Brexit avrà effetti negativi sul PIL,  il 3 ed il 9 percento circa, nel breve e lungo periodo. Schauble esclude un trattamento commerciale privilegiato del Regno Unito (RU)  in caso di uscita; Obama pure; Macron primo ministro francese, sostiene che la GB si condannerà all’irrilevanza se vincerà Brexit; perfino la prima ministra norvegese prevede tempi duri per un RU fuori dall’ Unione. Hanno probabilmente ragione:  Brexit, oltre a danneggiare il RU, come dice il Fondo,  potrebbe scuotere la stabilità finanziaria del pianeta e dare un colpo significativo alla ripresa, come dice la BCE. E’ dunque lecito che i leader mondiali si pronuncino per scongiurare effetti dannosi per i propri paesi e per la comunità internazionale. Ciò detto, è difficile dare torto ai fautori dell’uscita quando denunciano una forma di “pressione esterna” (che chiamano “project fear”, progetto paura) sull’esito del voto. In effetti, il miglior modo di convincere i britannici a votare Remain è proprio quello di  insistere su a) i costi dell’uscita dovuti a ritorsioni commerciali; b) l’incertezza sui loro destini nel dopo Brexit. In un mio precedente post (tecnico ed in inglese) dimostro proprio  questo punto.

Ecco l’idea. Supponete che a favore di Brexit ci siano i lavoratori meno istruiti, che oggi hanno salari bassi, lavorano nei settori tradizionali che competono con le importazioni, e che sono stati danneggiati dalla globalizzazione. Questi sperano di guadagnarci se l’economia inglese torna ad un regime protezionistico. A favore di Bremain sono invece quanti lavorano nei servizi più avanzati (la City), guadagnano di più,  e che pensano che ci perderebbero se il RU uscisse. Nella figura qui sotto, sul lato delle ascisse sono i salari attuali, con il RU dentro l’Unione (wages inside EU). Sul lato delle ordinate ho messo i “guadagni da Brexit”, cioè quanto quanto ciascuno si aspetta di ottenere da Brexit in più/meno rispetto al proprio reddito attuale. La curva  dei guadagni, “Gain from Brexit”, è decrescente, perché i lavoratori più poveri pensano di guadagnare e quelli più ricchi di perdere da Brexit, cosicché man mano che si passa a salari maggiori,  il guadagno atteso passa da positivo a negativo. Il punto  è che mentre  tutti conoscono il proprio reddito dentro l’Unione, nessuno conosce quanto guadagnerà al di fuori. Quindi per votare Brexit un lavoratore che non ama il rischio  non si accontenterà di un guadagno atteso positivo: richiederà qualcosa in più, una differenza tra reddito “fuori” e “dentro” almeno superiore al “premio” per il rischio sostenuto nell’affrontare l’incertezza dell’uscita (e descritto dalla retta orizzontale)

Voting behaviour

Solamente i lavoratori che reddito sufficientemente basso, cioè inferiore a quello corrispondente al “lavoratore indifferente” (“Indifferent voter”) tra Brexit e Bremain, voteranno allora per l’uscita (“Leave”). Per questi elettori il guadagno atteso da Brexit è superiore al premio al rischio. Al contrario, tutti gli elettori che hanno reddito superiore a questo livello voteranno per rimanere (“Remain”).  Se almeno il 50% dei partecipanti al voto avesse un salario inferiore a quello del “lavoratore indifferente”, allora la maggioranza dei votanti voterebbe per l’uscita perché il guadagno atteso più che compensa il rischio – e, si noti, questo avverrebbe anche se complessivamente l’economia inglese ne fosse danneggiata, cioè anche se il totale dei guadagni di chi si avvantaggia con Brexit fosse  inferiore al totale delle perdite.

Come scongiurare questo esito? Semplice: basta  a) convincere i britannici che l’uscita sarebbe seguita da forti ritorsioni commerciali (in questo caso la “curva dei guadagni da Brexit” si sposta verso il basso, riducendo il numero dei favorevoli all’uscita); e b) mettere in luce i rischi  che l’uscita comporterebbe per i singoli cittadini britannici (il che farebbe aumentare il “premio al rischio ” verso l’alto, riducendo i consensi per Brexit).

Proprio la strategia che stiamo osservando e che sembra poter funzionare…